I movimenti, i periodi e i fenomeni artistici (salvo alcune eccezioni) sono figli del proprio tempo; essi rispecchiano gli umori, le necessità e le situazioni filosofiche, culturali, religiose e politiche dell’epoca in cui sono sorte.
L’arte, oltre che affrontare di secolo in secolo i problemi linguistici, diventa mezzo che veicola un ideale.
Come l’arte della Controriforma nasce in relazione alle problematiche che la Chiesa affronta tra i secc. XVI e XVII, anche le diverse Avanguardie del Novecento nascono dalla necessità dell’uomo di ricercare nuovi stimoli e nuovi punti di riferimento.
Continuando questo gioco di azione-reazione, l’Arte Povera degli anni Settanta nasce con il proposito di opporsi alle speculazioni consumistiche e industriali della Pop Art.
È interessante notare come questi fenomeni artistici sorgono in un determinato tempo.
Se oggi (2020) un artista decidesse di realizzare delle installazioni ispirate a quelle dell’Arte Povera il suo operato sarebbe da considerare anacronistico, in quanto la sua manifestazione non corrisponderebbe a nessun problema contemporaneo.
Anche il luogo sorgivo del fenomeno artistico è determinante per la sua nascita e il suo sviluppo. Prendendo ad esempio lo stile romano del Cinquecento, che comprende un accordo tra il disegno fiorentino e il colore veneziano, non per nulla si sviluppa a Roma (nello stesso periodo operano Michelangelo e Raffaello) dove vi è già un terreno fertile di antichità: un Genius loci lasciato in eredità dall’Impero Romano e dalle sue conquiste.
Ricapitolando, nell’atto della manifestazione artistica giocano “tempo” (come nel caso dell’Arte Povera) e “spazio” (come nel caso dello stile romano).
Esiste anche un altro movente che spesso prevarica anche sullo spazio e sul tempo: la “situazione”.
La situazione diventa determinante per comprendere tutte le dinamiche e le variabili (situazioni) che si celano dietro una scelta artista. Vicissitudini personali e collettive come:
il contesto geografico, il livello culturale, il rapporto con la società, ecc…
Per spiegare quanto queste situazioni si ripercuotono nella creazione artistica prenderemo in esame il fenomeno denominato Art Brut.
C’è da specificare che le manifestazioni, per così dire, spontanee sono sempre esistite; ma già nell’Ottocento, ancora prima dell’etimologia e della fortuna critica dell’Art Brut (seconda metà del Novecento), diventano oggetto di interesse per medici e psicologi.
Autori come l’abate Adolphe Fouré (Sant-Thual 1839 – Rothéneuf 1910)[fig. 1], Adolf Wöelfli (Bowil 1864 – Berna 1930) [fig. 2] e Filippo Bentivegna (Sciacca 1888 – 1967)[fig. 3], per dar libero sfogo al loro impulso creativo operano spesso in luoghi lontani dalle grandi città o dai piccoli centri abitati: Adolphe Fouré a Rothéneuf in un quartiere a nord-est della città di Sant-Thual, Aldolf Wöelfli nel manicomio di Waldau, vicino Berna e Filippo Bentivegna nella sua campagna in Contrada Sant’Antonio a Sciacca.
Nell’Ottocento, come nella prima metà del Novecento, si documenta un’evidente differenza tra individui alfabeti e analfabeti. In diversi soggetti particolarmente creativi la scarsa cultura rende possibile che i loro prodotti artistici siano digiuni da qualsiasi influenza dotta, sia artistica che letteraria, e ciò li spinge a ricercare esclusivamente in sé stessi un personale metodo comunicativo ed espressivo.
I bigotti “puristi” dissentono da queste manifestazioni spontanee, non riconoscendo nel loro operato nessun segno di creatività, ma prove lampanti della loro follia.
Il giudizio unanime dei coevi spinge, infatti, gli outsider a chiudersi a riccio, convinti di essere incompresi e ingiustamente considerati dei pazzi.
L’isolamento, la mancanza di comunicazione e la persecuzione diventano, quindi, il motore che li spinge a creare.
Oltre agli alienati in forma lieve lasciati a briglia sciolta (perché innocui), anche internati diventano oggetto di interesse scientifico, infatti, molti psicologi analizzano i loro disegni per fare ulteriori indagini sul loro disturbo mentale, ma ancora non si parla di arte.
Questa diagnostica psichiatrica sui disegni confonde ancora di più le acque, rendendo la linea tra pazzo e creativo praticamente impercettibile.
Da una parte l’operato di autori giudicati pazzi, quando pazzi non sono (Fouré e Bentivegna), dall’altra soggetti internati che iniziano a dipingere su consiglio psichiatrico (per studiarne e interpretarne i processi mentali), oppure per sfogare la propria frustrazione (Wöelfli).
Ma oggi è possibile che ci sia una continuazione di questo fenomeno, o tale tendenza sarebbe da considerarsi estinta?
La facile accessibilità della nostra epoca ai media di informazione ha favorito la globalizzazione e di conseguenza l’appiattimento del dislivello tra le metropoli e i centri rurali, infatti, l’uomo di campagna con l’ausilio di un semplice smartphone può avere accesso alle stesse informazioni dell’uomo di città.
L’isolamento dal sistema globale sarebbe impossibile perché la nostra quotidianità è diversa da quella del passato. Oggi, a meno che non vogliamo praticare una vita da eremita, non riusciremmo a privarci di beni come l’elettricità.
Essendo l’Art Brut un fenomeno incentrato, principalmente, sulla purezza e sull’alienazione da qualsiasi punto di riferimento, come potrebbe l’odierna facile reperibilità di informazioni provenienti dal web e dalla televisione favorire questa espressione artistica?
Riuscendo a leggere, scrivere e navigare su internet (e di conseguenza inglobare informazioni), cosa spingerebbe l’outsider a generare un canale di espressione alternativo con cui esprimersi col resto del mondo?
Non si è evoluta solo la condizione culturale, ma anche i rapporti sociali hanno subito sostanziali miglioramenti.
La situazione distopica del passato colma di dislivelli sociali, culturali e di impunite violenze sui più deboli, rappresenta un terreno fertile per la nascita di questi fenomeni creativi.
Tale situazione in una società ipersensibile e iper-politicamente corretta come la nostra sarebbe difficile: la discriminazione e le pesanti prese in giro sarebbero subito segnalate come atti di razzismo e di bullismo.
Diversamente da allora, infatti, la società ha sviluppato una sorta di complesso di colpa scaturita dal ricordo degli errori del passato con la reazione di essere morbosamente iperprotettiva.
Come potrebbe nascere oggi un nuovo Filippo Bentivegna se non si prova il suo dramma?
Vista l’evoluzione odierna, un possibile e contemporaneo fenomeno di Art Brut potrebbe in qualche modo essere connesso al mondo digitale o al mondo dei social mantenendo la purezza che contraddistingue gli outsiders…
Concludendo, non ritengo che l’Art Brut sia del tutto scomparsa (la Collection de l’Art Brut di Lousanna continua ad aggiornare la propria collezione con autori contemporanei), ma si è assopita e sempre più diluita per circostanze geografiche, temporali e contestuali inconciliabili ai suoi principi.
Oggi questa espressione di creatività spontanea e selvatica viene erroneamente interpretata da diversi artisti (che hanno già un personale background) come un presunto stile di affiliazione a cui potersi riferire (ignorando, però, che non è mai stata uno stile).
l’Art Brut raggruppa a sé peculiari dinamiche come: il dramma, la necessità di esprimersi, la produzione ossessiva e l’insensibilità alla vendita.
In poche parole: Arte necessaria…
Anthony Francesco Bentivegna
Comments