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Immagine del redattoreAnthony Francesco Bentivegna

Atelier A Contatto


Giuliano de’ Medici, figlio di Piero il Gottoso (morto qualche anno prima) e fratello di Lorenzo detto il Magnifico, chiamò nella sua corte Sandro Botticelli, stimato artista fiorentino per commissionargli il suo ritratto.


Botticelli senza indugi accettò la commissione di una figura che a Firenze aveva grande prestigio. Ma l’artista fiorentino non poteva offrire al rampollo della famiglia de’ Medici un lavoro mediocre, così gli chiese di studiare il suo volto per diversi giorni.


Giuliano accettò senza indugi, dicendogli che spesso sarebbe passato dal suo studio. Dopo qualche settimana, il ritratto fu pronto e Giuliano decise di sottoporlo al parere di Lorenzo che ben più capiva del fratello minore.


Il riscontro fu abbastanza positivo e lo stesso dì, il Magnifico chiese al Botticelli come abbia fatto a catturare l’aspetto altezzoso e irriverente che contraddistingueva il fiero Giuliano.


Costui rispose che durante i lavori, più volte Giuliano lo andò a trovare nel suo studio e dialogando emersero alcuni aspetti di Giuliano che superficialmente rimanevano nascosti.


Lorenzo disse soddisfatto e divertito:

“Ebbene il mio fratellino si è già fatto conoscere?”.


Ma il pittore, con aria rallegrata ma convinta rispose:

“Messer Lorenzo, suo fratello molto mi aiutò nella realizzazione del mio dipinto”.


“E’ la prima volta che riuscii a catturare l’aspetto psicologico di un mio modello”. “Sono andato avanti…”.​

Botticelli, Ritratto di Giuliano de’ Medici, 1478-1480, Nazional Gallery of Art, Washington

Diventa sempre più raro oggi trovare personalità, fuori dalla cerchia di critici e artisti che sinceramente apprezzano l’arte e sono sinceramente interessati alle problematiche e allo sviluppo del percorso artistico.


Naturalmente non siamo più nel periodo fiorente dei de’ Medici e possibilmente se si ha un gruzzoletto lo si investe nell’acquisto di beni secondari come abiti, automobili e di beni di necessaria importanza come per il nostro sostentamento fisico.


Viviamo però anche in un’era dove addirittura questi bisogni sono scavalcati da problematiche più effimere: lo smartphone presentato all’ultima conferenza e più Giga nelle nostre offerte, per rimanere sempre connessi con tutto il mondo. Ci troviamo in una realtà tutto fuorché incontaminata dove si sta perdendo la sostanza tangibile delle cose e allontanandoci senza accorgercene da quella “Firenze”, da quella condizione di ottimo rapporto corpo-mente, stiamo diventando non macchine, bensì automi.


Automi di un sistema che ci obbliga a lavorare più del normale e trattiene il nostro sano senso di ribellione con catene che ci ancorano in una barbara apatia dell’essenza delle cose merito di tutte le distrazioni che il sistema ci inietta.


Firenze culla del Rinascimento, vantava proprio l’essere riuscita nell’arco di secoli a buttare fuori dalla propria terra i Barbari, riuscendo a far luce su altre problematiche che non fossero

<<Quanto può essere affilata la mia ascia?>>.


Avevano scoperto o meglio riscoperto i valori intellettualistici classici.


L’Arte, è sempre andata pari passo con le condizioni: politiche, culturali, sociali, antropologiche, economiche del tempo in cui è stata generata. L’oggetto artistico, sia o no un’opera d’arte, rappresenta il documento tangibile di un determinato lasso storico in cui ha vissuto l’artista e come tale (documento) porta con se tutti (i valori giusti o sbagliati) e le problematiche di quel tempo. Molti sono affascinati da “reperti” che testimoniano il passato dell’uomo moderno sulla terra, reperti che sono stati prodotti tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale ovvero oggetti di tutti i giorni legati a una chiara tradizione di artigianato: il vaso, la bilancia, la pentola in rame, il setaccio in legno, etc… Cosa resta della nostra storia?


Del passaggio dell’uomo del 2000 sulla terra? I cellulari forse?


O i nostri profili sui social? Investire nell’arte, sia nei giovani emergenti che negli artisti affermati rappresenta una delle poche operazioni per tramandare al nipote del 2100 d.C., le sensazioni e i malumori della nostra generazione. Nell’arte vi è la sostanza tangibile intellettualistica del tempo.


Ciò che smesso emerge dalle discussioni e come il popolo dei collezionisti sia una razza ciarlera, furviata, contaminata dal dio denaro che compra, semplicemente opere di artisti quotatissimi solo per riciclare il denaro che hanno, pur non conoscendo nulla dell’artista e della corrente artistica di cui fa parte. A grosso modo è così, e chissà se uno di questi magnati del collezionismo abbia invitato almeno una volta nella propria casa l’artista di cui ha un quadro sul divano nel suo salotto. Questo non è ciò che cerchiamo!


L’Arte, deve continuare ad essere una lingua masticabile solo per pochi ricchi adepti?

Ogni persona di buon senso si allontana più possibile di questa razza dissoluta al grido di “i soldi li uso per mangiare!”.

Ma chi sfamerà il nostro intelletto?


Compito dell’artista pensatore è ergersi di fronte al sistema facendo fermare anche solo per un lungo secondo il fruitore alla sua opera e far in modo che in quel breve lasso di tempo pensi o a tutto o a niente.


E’ questa la magia dell’Arte, avere una polifonica lingua criptata non comprensibile a tutti. E come può fare il neo-collezionista ad entrare nel grande e sconfinato mondo dell’arte e imparare a leggere l’opera?


Qual è il metodo giusto per comprenderla. Ancora l’artista ha il nobile compito di istruire la propria generazione e fargli alzare la testa davanti alla marea della “iconoclastia contemporanea” che ha reso vita dura anche agli artisti.


Il progetto “Atelier A Contatto” ha proprio come obiettivo l’appianamento dei problemi che spesso imperano nella figura dell’artista e in quella del collezionista, che spesso coincidono con quelli economici (alto prezzo del materiale ed eccessivo prezzo dell’opera), attraverso la sinergia tra questi ultimi e il critico d’arte, altra figura che fa da perfetto legante tra queste due entità. 


L’habitat naturale per “l’accoppiamento intellettuale” di queste nobili specie è lo studio/laboratorio dell’artista, zona in cui nasce e si sviluppa l’opera d’arte, un’ambiente che tra il colore delle vernici e i pennelli in bella mostra diventa anche punto di incontro di condivisione o dibattito di idee e progetti.


Le opportunità di sostegno si traducono in:


1) Contributi alla realizzazione di progetti artistici, che scaturiscono in “bonus” di acquisizione pari al DOPPIO della cifra investita (in riferimento alla quotazione dell’artista);


2) La METÀ della cifra investita, come “bonus” cumulabile, insieme a successivi contributi, per l’acquisizione di determinate opere o per opere su commissione;


3) Ogni 3 contributi, la possibilità di avere un’opera (scelta dall’artista in proporzione ai contributi stessi) omaggiata al collezionista/mecenate.


Vuoi anche tu contribuire alla testimonianza di questa generazione, di questo tempo, di questa storia?


Vuoi essere l’elemento che, come Giuliano, fece raggiungere un livello superiore al fare artistico?


Stiamo cercando il collezionista del domani!


Anthony Francesco Bentivegna

Mostre

2017 "C0dici B1nari. Il Sequenzialismo nell’Arte" (personale), a cura di Anthony Francesco Bentivegna, Galleria Porta Bagni, Sciacca (AG)

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