Nella lingua italiana si notano frequentemente diverse parole bisenso, che hanno un doppio e diverso significato a seconda del contesto in cui vengono usate.
Ne sono esempio: parte (un pezzo di qualcosa/l’azione di partire); verso (un grido emesso da un animale/direzione di qualcosa o di qualcuno); complesso (gruppo musicale/condizione psicologica); etc.
Sempre in italiano troviamo le “false friends”, ovvero i falsi amici, cioè quelle parole della lingua inglese, di derivazione latina, che hanno evoluto il loro significato in maniera indipendente dalla lingua italiana.
Le diverse lingue “funzionano” grazie a strutture linguistiche – le lettere, le parole e le frasi – che vengono decodificate non in maniera univoca, ma in base a contesti multipli e diversificati. Non tutte le decodificazioni però hanno successo comunicativo.
Se scrivessimo o digitassimo sulla tastiera “muhecrpmavqsg”, avremmo un codice grammaticale che non trova riscontro in nessun metodo di decodificazione, ovvero, in nessuna lingua conosciuta.
Tutte le forme di comunicazione, sia quella umana che quella informatica, sono basate sulla formulazione di un messaggio da parte di un mittente e sulla sua decodificazione da parte di un destinatario.
Proprio come un cervello elettronico che decodifica un algoritmo, il cervello umano analizza le frasi per estrarre le informazioni: superato il primo livello di comprensione, ossia il “riconoscimento” del codice linguistico, ci si addentra nel secondo livello, quello “analitico”.
A questo livello, il nostro “software” linguistico organizza lettere, parole e frasi in cerca del significato specifico. Se il lettore, ad esempio, conoscesse solo la lingua italiana e si trovasse davanti a un testo in un’altra lingua, il suo lavoro analitico incontrerebbe un ostacolo. Per proseguire nella decodificazione dell’algoritmo sconosciuto, avrebbe bisogno di utilizzare un software adeguato, cioè dovrebbe appendere i codici linguistici di quella nuova lingua. Nel terzo livello, ovvero quello del “significato intrinseco” delle informazioni decodificate, si ha accesso ai contenuti che così possono essere immagazzinati come esperienze.
L’uomo, per comunicare con i suoi simili ha sempre creato sistemi linguistici codificati, che poi ha perfezionato nel corso della sua evoluzione: i geroglifici, gli ideogrammi, l’alfabeto, il codice morse, la scrittura braille e cosi via. Oggi a queste codifiche si è aggiunta quella dell’informatica, che permette all’uomo di comunicare con una nuova “entità”: il computer.
A ben vedere, il nostro cervello funziona per impulsi elettrici, esattamente come il sistema di calcolo di un computer. Su questo fattore “simbiotico” tra uomo e macchina, ACA incentra la sua ricerca linguistica atta a sviluppare un nuovo “codice visivo” in linea con l’evoluzione comunicativa della nostra epoca: il linguaggio digitale.
Il codice binario usato dalle macchine per codificare le informazioni, è strutturato attraverso sequenze di 0 (spento) e 1 (acceso) che, nel nostro codice linguistico corrispondono alle vocali e alle consonanti. Come noi organizziamo questi elementi basilari per strutturare parole e frasi, portatrici di significato, il computer assembla stringhe di 0 e 1 per produrre comandi e istruzioni per il suo sistema comunicativo.
L’incontro tra questi due sistemi di comunicazione, quello dell’uomo e quello del computer, avviene a livello di codici di programmazione. Questi codici permettono all’uomo di scrivere istruzioni per il funzionamento del computer (il codice binario, il basic, l’html, etc.), che a sua volta li traduce in un sistema comunicativo interpretabile dall’uomo (il testo, le immagini, i suoni, etc.).
Quello che il Sequenzialismo nell’arte crea, è un sistema linguistico che converte questi codici digitali in una lingua visiva di vettori spazio-temporali, capaci di veicolare un inedito contenuto espressivo sequenziale alla base sia della comunicazione umana che di quella informatica.
“Nell’opera sequenzialista i segni tracciati in avanti o all’indietro, verso l’alto o il basso, in senso orario o antiorario veicolano – in riferimento alla comunicazione umana: l’espressività e la significazione – sensazioni come la progressione o l’arretramento, l’elevazione o lo sprofondamento, la positività o la negatività; mentre descrivono – in riferimento alla comunicazione del computer: il linguaggio binario e l’elaborazione dei dati – concetti come 1 (+) oppure 0 (–), attivo (on) o disattivo (off), spin orario (up) o spin antiorario (down)[1]”.
La problematicità significativa del contenuto del quadro sequenzialista diventa un ostacolo facilmente superabile dal momento in cui ci si addentra nella sua dimensione segnica.
Attraverso la facoltà numerica del “contare”, si scoprono i percorsi sequenziali creati dall’artista. Questi percorsi vengono memorizzati dai recettori percettivi dello spettatore, che procedendo di segno in segno ricostruisce mentalmente sia le tracce della realtà fenomenica che gli impulsi visivi generati dalle varie tappe del percorso stesso. Si viene a creare, in questo modo, una “funzionalità” mnemonica di decodifica sequenziale del contenuto espressivo, attraverso i segni-freccia, i segni-numero e i segni-unità, i cosiddetti vettori spazio-temporali.
Tutto all’interno del quadro sequenzialista, “funziona” seguendo questo principio sequenziale di comunicazione. Di conseguenza, qualunque caratteristica espressiva può essere incanalata in questo schema linguistico: i segni-codice (presi indipendentemente dalla forma e dal colore), le variazioni formali e cromatiche, le possibilità materiche e quelle inerenti alle singole tecniche grafiche e pittoriche.
“Di conseguenza, non c’è soltanto un classico approccio contemplativo, ma ulteriori e inedite possibilità visive, veicolate da precisi vettori spazio-temporali, che portano l’osservatore “a risolvere il rebus” (auto-orientandosi) in chiave sequenziale: di forme, di colori, di materie e di tutte le variabili espressive che l’artista decide di utilizzare[2].”
All’interno della dimensione del “fare” artistico, il Sequenzialismo propone un inedito parametro linguistico, un nuovo canale di comunicazione che, attraverso la funzionalità percettiva della materia (la pittura), consente l’accesso a un universo linguistico spazio-temporale portatore di contenuti espressivi evoluti.
“Ci si addentra tra i segni per coglierne l’essenza realizzativa spazio-temporale[3]”.
La finalità comunicativa del quadro sequenzialista è quella di creare un ponte tra la facoltà mentale e razionale del “contare” e quella parte del cervello delegata alle emozioni e ai sentimenti.
“[…] Le varie forme d’arte hanno sempre affrontato il rapporto uomo-natura; differentemente, il Sequenzialismo propone invece un inedito rapporto uomo-computer.
L’artista sequenzialista offre all’osservatore un nuovo modo di percepire: dall’osservazione passiva, all’elaborazione attiva, raggiungendo il punto di connessione tra la sensazione visiva del piacere estetico e il contare espressivo-logico[4].”
Il proposito di un’interazione simbiotica tra uomo e computer, potrebbe, a prima vista, escludere ogni possibile sensazione estetica. La codifica del quadro sequenzialista, più che attraverso il canale estetico va “risolta” seguendo le tracce della dimensione percettiva-mentale che l’opera veicola: il contenuto segnico spazio-temporale sequenziale.
Quello che vediamo attraverso il monitor, è il prodotto estetico (risultato comunicativo) di un’infrastruttura di informazioni (processo linguistico), che vengono codificate dai vari linguaggi di programmazione.
Nel caso dell’opera sequenzialista, l’artista si serve del medium (fisico) della pittura per comunicarci l’elaborazione mentale (virtuale) dei percorsi alla base della sua creazione artistica.
Le “elaborazioni” di ACA lasciano tracce fisiche che generano specifiche dinamiche segniche nello spazio-tempo. Dinamiche che, oltre a essere portatrici di polivalenze interpretative – scaturite nella coscienza del fruitore in maniera anche diversa dall’intenzione comunicativa dall’autore, racchiudono inedite possibilità contenutistiche che l’osservatore è chiamato a condividere. Qualunque elemento incanalato in questa dimensione espressiva - il segno, la matericità, il dosaggio del colore (corposo o scarico), le gradazioni cromatiche, la predilezione dello spettatore per una tonalità o per una forma, etc. – genera una serie ulteriore di livelli di leggibilità sequenziale che possono talvolta accompagnare oppure contraddire i percorsi significativi creati dall’artista.
In occasione dei “codici binari”, il parto artistico diventa gemellare, e i due fratelli, figli dello stesso padre, sono chiamati a veicolare sia contenuti “omozigoti” che “eterozigoti”.
Durante la lettura dell’opera sequenzialista, ci troviamo nei panni di un reporter che, nel bel mezzo di una battaglia, intervista i rappresentanti delle due fazioni, ricevendo informazioni nettamente contrastanti, anche se riferite al medesimo scenario operativo. Lo stesso evento può essere descritto dal primo come il risultato di una ragionata e lungimirante strategia dal secondo come un un’azione fortuita e non calcolata.
In “Elaborazione Spazio-Temporale: Incremento Iniziale Disatteso” (vedi fig. a pag. 34), il percorso numerico tra i due primi segni esprime bene l’azione dello scatto verso l’alto, contraddetto dal percorso delle frecce: la prima avanza, mentre la seconda bruscamente indietreggia in caduta.
Questa figura, nata dal folklore, verrà ripresa anche nella psicanalisi, collegandosi al disturbo narcisistico di personalità. In Codici Binari, questa doppia entità è più o meno fedele al suo opposto. In “Elaborazione Spazio-Temporale: Salvezza Finale” (vedi fig. a pag. 32), l’iniziale progressione negativa, si tramuta, alla fine del percorso, in una repentina e improvvisa salita che porta alla positiva salvezza.
In “Elaborazione Spazio-Temporale: Caduta Iniziale Attenuta” (vedi fig. a pag. 33), dopo un’iniziale situazione di ascesa avviene una rapida discesa che, reagendo alla caduta – con il senso orario del suo percorso –, accelera fino alla decisa frenata finale.
Pur mantenendo una medesima strutturazione segnica, i vettori spazio-temporali nelle due opere generano sensazioni variegate e diametralmente opposte.
Dopo che ACA ci ha introdotto in questo nuovo mondo percettivo – che utilizza un inedito parametro linguistico –, sarà anche nostro compito ricostruire (o inventarci) i tragitti di una conoscenza sensibile che va oltre il vedere oggettuale. Tragitti da percorrere, decifrando un linguaggio digitale “umanizzato” da sensazioni e stati d’animo che ci fanno viaggiare sui binari di una dimensione comunicativa tutta da scoprire.
Anthony Francesco Bentivegna
NOTE
[1]. Angelo Calabria (ACA), “Il principio di sequenzialità o contare direzionato”, in Il Sequenzialismo nell’Arte. Linguaggio spazio-temporale del segno. L’evoluzione della comunicazione artistica nell’Era dell’Informazione, Gruppo Albatros Il Filo (I Saggi, Nuove Voci), Roma, 2013, p. 31.
[2]. Anthony Francesco Bentivegna, “L’Arte nella società del consumismo visivo: ACA e il Sequenzialismo nell’Arte”, in BTA - Bollettino Telematico dell’Arte, http://www.bta.it/txt/a0/08/bta00841.html
[3]. Ibidem.
[4]. Ibidem.
Pubblicato in: C0dici B1nari. Il sequenzialismo nell'arte, catalogo della mostra, a cura di Anthony Francesco Bentivegna, 2017 Sciacca, pp. 10-13
Vedi anche: Servizio "Mostra di ACA, C0dici B1nari", RMK TV
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