Riflettendo su Sicilia, my love di Enzo Randazzo; soffermandomi sulle minuziosissime descrizioni non solo del paesaggio, ma anche degli attimi di vita quotidiana, dei sapori, delle tradizioni e sulla prepotente sicilianità che emerge da questo romanzo, trovo più analogie con un altro grande autore anche lui grandissimo interprete della controversa e contraddittoria spiritualità della nostra isola, Giovanni Becchina.
Meglio conosciuto col nome di Gianbecchina è stato un pittore e un incisore nato a Sambuca di Sicilia (AG) nel 1909 e morto a Palermo nel 2001. Esponente di punta del realismo siciliano Gianbecchina ha ricevuto i primi rudimenti pittorici da un decoratore Gaetano Grippi che lo aveva assunto come garzone per dipingere le volte delle case patrizie del suo paese d’origine.
Palermo è stata una tappa fondamentale della sua formazione artistica. Dopo aver concluso gli studi presso l'Accademia di Belle Arti, era diventa allievo del futurista Pippo Rizzo (Corleone 1897 – Palermo 1964).
Negli anni Trenta si era recato a Roma e a Milano dove ha fatto parte del gruppo d’avanguardia chiamato “Corrente” insieme a Renato Guttuso (Bagheria 1911 – Roma 1987).
La produzione di Gianbecchina ha la caratteristica di essere multiforme e soprattutto seriale, infatti facendo un excursus della sua vita notiamo i vari cambiamenti tematici che ha la sua arte ha assunto: dalla sua formazione palermitana all’esperienze romane e milanesi, la pittura di Gianbecchina aveva acquistato un’identità impressionista che ricorda in certi versi i Macchiaioli del secolo scorso; è col ritorno in Sicilia che però era emerso il vero spirito di Gianbecchina: La sua pittura muta scrollandosi di dosso ogni retorica politica.
Qui troviamo la più viva e forte analogia tra Randazzo e Gianbecchina:
L’aspetto descrittivo del paesaggio; una descrizione minuziosa di luoghi, sensazioni, atmosfere. Randazzo fa con Sicilia, my love”, quello che Gianbecchina faceva con il Grande paesaggio.
Una descrizione colta e vivace che nella letteratura artistica viene detta Ekphrastica (ovvero l’evocazione di un’immagine nella fantasia dello spettatore, attraverso figure retoriche quali: similitudine, paragone, metafora, sinestesia). Qui Randazzo fa della penna il suo pennello con cui dipinge nella mente dei lettori le stesse scene che troviamo nelle tele di Gianbecchina.
In età matura, nei suoi Grandi paesaggi, frutto delle varie escursioni fatte nell'entroterra siciliano, il pittore instaura un rapporto nuovo, sereno ed equilibrato col paesaggio, abbandonandosi alla contemplazione nostalgica della natura. La fisicità dell'artista si impasta con la sontuosità della natura manifestando il panismo nella pittura.
La dimensione Metafisica: Entrambi gli autori elevano la Sicilia ad uno spazio metafisico senza tempo. Nella pittura di Gianbecchina troviamo questa interruzione del tempo che vi è in Sicilia, my love; ma con un processo differente: nell’ultima si crea questo spazio metafisico dove il presente si fonde col passato, con le tradizioni popolari, con la mitologia, con la storia e con i ricordi; ciò si traduce in pittura ne Il ciclo del pane, come nella Mattanza, dove troviamo un processo di sinestesia, che insieme al vedere, col colore, si sentono gli odori, i sapori delle cose e le voci dei contadini dei tonnarotti.
Qui Gianbecchina si immerge nel tempo e nella scena e arrestandola osserva le mutazioni della natura sotto la cangiante luce solare, immortalando l'abilità degli artigiani, il sudore dei contadini, le bizze degli animali, tutti abbagliati da una luce antica; una luce che ha un aspetto ambivalente: da una parte invincibile e imperterrita forza della natura che sfinisce il lavoratore, dall’altra elemento essenziale del paesaggio e dell’atmosfera siciliana, fonte essenziale di vita come l’acqua. Interpretando il rapporto tra uomo e natura come lotta per la sopravvivenza, valorizzando la dignità della fatica.
Il Genere: Sicilia, my love è da considerarsi un’opera verista, dove all’interno, la trama diventa pretesto per descrivere avvenimenti storici o usi siciliani; tale principio lo troviamo anche nella pittura di Gianbecchina, la sua non è semplicemente pittura di genere, ma una vera e propria pittura narrativa che celebra la Sicilia in tutte le sue sfaccettature.
Passione: Ippocrate Cagliostro, il protagonista di Sicilia, my love nel corso del romanzo muta; da giovane studente sognatore e speranzoso diventa razionale e pragmatico, ma dialogando col suo alter ego Efesto, ripercorre quei sentimenti febbrili, irrefrenabili e travolgenti che all’inizio del romanzo nutriva per Anna. Anche Gianbecchina non sarà indifferente al sentimento dell’amore, anzi lo celebrerà in una ciclo pittorico tra il 1967 e il 1969, Gli amanti.
Ardisco nel pensare che Enzo Randazzo durante la stesura del romanzo abbia in più occasioni contemplato la serie del suo conterraneo, tanto da pervadere e ispirare il suo estro fino a diventare copertina di Sicilia, my love, una storia d’amore dalla forte carica passionale per la propria terra.
Gianbecchina era un occasionale e delicato poeta che in più circostanze parafrasava la sua pittura:
«Considero la pittura un atto d’Amore,
un inno al creato dal profondo dell’anima… ».
In questi due versi dunque la pittura per Gianbecchina era un “atto d’Amore” con cui l’artista celebrava la sua prediletta: la natura.
La Sicilia riportata in tela da Gianbecchina, è la stessa Sicilia che Randazzo racconta in Sicilia, my love: una Sicilia calorosa, genuina, verace, contraddittoria come il protagonista stesso, una Sicilia che anche se mette a dura prova il contadino lo ripaga con i suoi frutti. Una Sicilia dal calore a volte asfissiante di cui non si può mai fare a meno.
Anthony Francesco Bentivegna
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