top of page
Immagine del redattoreAnthony Francesco Bentivegna

«Nel libro sembrava più grande!»

Un artista agisce secondo la propria indole, il proprio tempo, le circostanze locali e la tradizione del territorio in cui opera. E allora, secondo quale criterio l’artista decide di produrre in piccolo anziché in grande? Vi sono stati d’animo, temperamenti o processi mentali che motivano questa scelta?


Un topos ricorrente nella storia dell’arte che ha come tema principale il formato di un supporto, vede come protagonisti gli italiani e i fiamminghi: i primi visti come pittori di grandi figure, mentre i secondi come pittori di piccole figure.


Audaci, estroversi, impulsivi, gli artisti italiani hanno da sempre manifestato una visione monumentale, scenica e teatrale, che li ha indotti a prediligere il grande formato nella realizzazione delle loro opere.


I fiamminghi, invece, essendo timidi, introversi, riflessivi, hanno preferito realizzare opere in piccolo formato, concentrandosi maggiormente sui particolari e sui dettagli.


I primi hanno lavorato con impalcature, mentre i secondi con lenti d’ingrandimento. È giusto affermare che questi artisti di diversa nazionalità hanno preferito misure diverse o sono solo luoghi comuni?


Nonostante le loro naturali inclinazioni possiamo affermare che vi sono stati ottimi miniaturisti italiani ed eccellenti affreschisti fiamminghi.


Certo, per il suo campo d’azione elevato il grande dipinto affascina, riempie gli occhi e appaga il suo creatore, che vede la sua idea e il suo personale linguaggio non una, ma dieci, cinquanta volte più grande, provocando un senso di vertigine nel fruitore.


Il piccolo dipinto, invece, è intimo, riflessivo, un amico da portare con sé, da osservare e modificare. Anche se permette un numero molto limitato di strade, il suo autore molto spesso sfoga su di esso le sue angosce corredandolo con pensieri e poesie.

VincenzoNucci, Sul far della sera, 2011, pastello, 10x15 cm.

Una sfida sarebbe quella di fondere le diverse nature di questi formati. Ma come riuscire a imprimere sulla piccola dimensione la stessa forza esplosiva della grande? Come sovvertire i sistemi e piegare i concetti contenutistici e dimensionali? Come riuscire in un piccolo dipinto a creare quella vertigine, quell’ebbrezza, quell’emozione che si percepisce al cospetto della volta della Cappella Sistina e che ci fa sentire minuscoli e insignificanti?


Come illudere la percezione del micro e quella del macro?


È l’abilità dell’autore che riesce a sovvertire il vincolo percettivo e dimensionale. Leonardo Da Vinci, ad esempio, nella sua Monna Lisa (53x77 cm.) riesce ad ingannare il fruitore, che dopo averla vista centinaia di volte riprodotta sui libri, rimane deluso dalle sue dimensioni reali.


«Nel libro sembrava più grande!»


E non è detto tutto! Grazie ai progressi della nano tecnologia, la Monna Lisa è stata fedelmente riprodotta da un team di ricercatori della Georgia Institute of Technology in circa 30 micron!


Ma la soluzione al problema “dimensione-contenuto” non è da ricercarsi nella riduzione del segno pittorico, ma nella capacità di riuscire a cogliere l’essenza del messaggio.


L’approccio digitale potrebbe essere uno spunto di riflessione per l’artista: chissà, se un piccolo dipinto potrebbe essere simile a uno smartphone (micro/supporto) che al suo interno ha un vero e proprio universo di dati salvati in cloud e in terabyte di memoria (macro/contenuto).

Un artista agisce secondo la propria indole, il proprio tempo, le circostanze locali e la tradizione del territorio in cui opera. E allora, secondo quale criterio l’artista decide di produrre in piccolo anziché in grande? Vi sono stati d’animo, temperamenti o processi mentali che motivano questa scelta? Un topos ricorrente nella storia dell’arte che ha come tema principale il formato di un supporto, vede come protagonisti gli italiani e i fiamminghi: i primi visti come pittori di grandi figure, mentre i secondi come pittori di piccole figure. Audaci, estroversi, impulsivi, gli artisti italiani hanno da sempre manifestato una visione monumentale, scenica e teatrale, che li ha indotti a prediligere il grande formato nella realizzazione delle loro opere. I fiamminghi, invece, essendo timidi, introversi, riflessivi, hanno preferito realizzare opere in piccolo formato, concentrandosi maggiormente sui particolari e sui dettagli. I primi hanno lavorato con impalcature, mentre i secondi con lenti d’ingrandimento. È giusto affermare che questi artisti di diversa nazionalità hanno preferito misure diverse o sono solo luoghi comuni? Nonostante le loro naturali inclinazioni possiamo affermare che vi sono stati ottimi miniaturisti italiani ed eccellenti affreschisti fiamminghi. Certo, per il suo campo d’azione elevato il grande dipinto affascina, riempie gli occhi e appaga il suo creatore, che vede la sua idea e il suo personale linguaggio non una, ma dieci, cinquanta volte più grande, provocando un senso di vertigine nel fruitore. Il piccolo dipinto, invece, è intimo, riflessivo, un amico da portare con sé, da osservare e modificare. Anche se permette un numero molto limitato di strade, il suo autore molto spesso sfoga su di esso le sue angosce corredandolo con pensieri e poesie. Una sfida sarebbe quella di fondere le diverse nature di questi formati. Ma come riuscire a imprimere sulla piccola dimensione la stessa forza esplosiva della grande? Come sovvertire i sistemi e piegare i concetti contenutistici e dimensionali? Come riuscire in un piccolo dipinto a creare quella vertigine, quell’ebbrezza, quell’emozione che si percepisce al cospetto della volta della Cappella Sistina e che ci fa sentire minuscoli e insignificanti? Come illudere la percezione del micro e quella del macro? È l’abilità dell’autore che riesce a sovvertire il vincolo percettivo e dimensionale. Leonardo Da Vinci, ad esempio, nella sua Monna Lisa (53x77 cm.) riesce ad ingannare il fruitore, che dopo averla vista centinaia di volte riprodotta sui libri, rimane deluso dalle sue dimensioni reali. «Nel libro sembrava più grande!» E non è detto tutto! Grazie ai progressi della nano tecnologia, la Monna Lisa è stata fedelmente riprodotta da un team di ricercatori della Georgia Institute of Technology in circa 30 micron! Ma la soluzione al problema “dimensione-contenuto” non è da ricercarsi nella riduzione del segno pittorico, ma nella capacità di riuscire a cogliere l’essenza del messaggio. L’approccio digitale potrebbe essere uno spunto di riflessione per l’artista: chissà, se un piccolo dipinto potrebbe essere simile a uno smartphone (micro/supporto) che al suo interno ha un vero e proprio universo di dati salvati in cloud e in terabyte di memoria (macro/contenuto). Riuscendo a concentrare nel piccolo dipinto centinaia e centinaia di dati (informazioni), si può cogliere l’essenzialità linguistica, ma soprattutto contenutistica. Spesso sketch, appunti o bozzetti realizzati in fretta e furia (per un utilizzo più personale che pubblico), riescono ad essere più loquaci e allo stesso tempo più diretti dei lavori in grande, pensati, contemplati e ragionati. Questa è la sfida che hanno abbracciato questi artisti, diversi l’uno dall’altro: giovani e maturi, pittori di figure e pittori informali, sperimentatori e ricercatori. Chissà se riusciranno a sovvertire la percezione dello spettatore dandogli l’illusione e la sensazione di stare di fronte ad un'enorme tela? Forse questo è l’unico modo per distruggere le infrastrutture dimensionali che hanno da sempre influenzato il fare artistico! ​ Anthony Francesco Bentivegna Storico dell’Arte ​ Pubblicato in: Piccolo Dipinto. Artisti siciliani 6° Edizione, a cura dell'associazione Il Pozzo, Catalogo della mostra, Spazio espositivo Piazza Purgatorio, Sciacca 2018.

Riuscendo a concentrare nel piccolo dipinto centinaia e centinaia di dati (informazioni), si può cogliere l’essenzialità linguistica, ma soprattutto contenutistica. Spesso sketch, appunti o bozzetti realizzati in fretta e furia (per un utilizzo più personale che pubblico), riescono ad essere più loquaci e allo stesso tempo più diretti dei lavori in grande, pensati, contemplati e ragionati.


Questa è la sfida che hanno abbracciato questi artisti, diversi l’uno dall’altro: giovani e maturi, pittori di figure e pittori informali, sperimentatori e ricercatori.

Chissà se riusciranno a sovvertire la percezione dello spettatore dandogli l’illusione e la sensazione di stare di fronte ad un'enorme tela? Forse questo è l’unico modo per distruggere le infrastrutture dimensionali che hanno da sempre influenzato il fare artistico!

Anthony Francesco Bentivegna

Pubblicato in: Piccolo Dipinto. Artisti siciliani 6° Edizione, a cura dell'associazione Il Pozzo, Catalogo della mostra, Spazio espositivo Piazza Purgatorio, Sciacca 2018.


10 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comentarios


bottom of page