L’art. 2 del codice dei beni culturali e del paesaggio recita: <<Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici >>.
Di conseguenza, è compito della Repubblica, dello Stato e del cittadino tutelarli e conservarli.
Quando parliamo di paesaggio, non ci riferiamo solo a entità d’insieme, bensì anche ai singoli beni. Come in questo caso il mare.
Il mare ha sempre avuto nella nostra storia una grande valenza, basti pensare a tutte quelle civiltà che di volta in volta hanno trovato terreno fertile nelle nostre coste, accrescendo di conseguenza, in maniera eterogenea, la nostra cultura. Per non parlare della miriade di emozioni che ha suscitato nei cuori di poeti e scrittori, tanto per citarne alcuni: Ungaretti, Quasimodo, Montale, ...
Tra i vari atti di tutela, di grande importanza è la sensibilizzazione attraverso l’arte. L’arte rappresenta la proiezione dell’idea sulla superficie (tela, legno, terracotta).
L’idea nasce da un impulso e molte volte da un bisogno. Un bisogno, che non sempre scaturisce dall’interno, ma talvolta, da un grido di denuncia per gli orrori che circondano l’individuo o un intero nucleo di persone, basti pensare alla famosa Guernica di Picasso.
Ma la guerra che vogliono denunciare i nostri artisti tramite la loro arte, in questa istanza, non è animata da esplosioni, bensì dalle postume trivellazioni sul nostro fondale marino.
Il messaggio che vuole dare questa mostra è: il dissenso da parte di questi maestri che in più di un’occasione hanno dedicato al mare le loro perle più belle e proprio come una musa ha sempre distolto i loro pensieri dai malumori, dai problemi, ispirandoli con i suoi colori, con la sua atmosfera, con i suoi odori, accompagnandoli spesso, in una parte della loro produzione artistica, e talvolta, non si è mai separato da loro …
Nell’arte italiana, il mare ha sempre avuto la funzione di sfondo, mai nessuno, meglio d’esso, ha saputo raccogliere le nostre più ingegnose rappresentazioni; ci basti pensare alla Nascita di Venere di Botticelli, altri invece sono arrivati a renderlo protagonista come nei suggestivi scorci di Canaletto, o nei famosi studi sul moto dell’acqua di Leonardo.
Proviamo a immaginare la nascita di Venere su un mare nero e inquinato, o alla presenza delle piattaforme petrolifere nei paesaggi canalettiani: sarebbe veramente orribile!
Il nostro paesaggio, che nel passato è stata meta irrinunciabile per famosi viaggiatori come Goethe, diventa vittima principale dell’estrazione petrolifera, che può anche causare violente scosse sismiche oltre che un evidente danno estetico ed ecologico al nostro invidiabile panorama.
Gli artisti hanno una grande valenza nel rapporto uomo/natura, le loro opere ci insegnano a vederla, a ricercarla e a godere d’essa; ma quando ammiriamo un paesaggio dipinto, lo guardiamo non con i nostri occhi, ma attraverso lo sguardo e il temperamento dell’artista, come nelle vedute di Leonardo Fisco che suggestionano l’animo dello spettatore, smuovendolo da dentro, proprio come il suo mare agitato da intuitive sciabolate cariche di colore accentuate dai forti contrasti. Un mare che tal volta può essere anche addolcito da brevi tocchi di matrice impressionista, che quieta gli animi anziché accenderli, una prova di come lo stesso paesaggio può esprimere due sentimenti differenti, due sensazioni opposte.
Un paesaggio che potrebbe ammaliare non solo nel suo aspetto d’insieme, ma anche in quegli elementi spettrali e rarefatti come la foschia presente negli scorci portuali di Michele Patti, che immerge il fruitore nel lato introspettivo del paesaggio, animato dalla costante presenza dei gabbiani che ci vengono mostrati talvolta sporchi come se contaminati dal petrolio, altre volte candidi e radianti dalle audaci velature, che si sovrappongono ai vari piani annebbiati, planando tra i pali del molo o perforando lo spazio, ponendosi in picchiata tra lo spettatore e le barche che salpano in mare.
Fany Marchetti, ci offre una visione dalla forte carica emotiva e passionale, scaturita dall’audacia cromatica e dalla ricerca del paesaggio ideale, trovato nei suggestivi scenari marini di Sciacca. Le barche attraccate, le reti ingarbugliate e le case della zona portuale fanno da corredo al mare che diventa protagonista dell’opera.
Oltre ai danni di livello paesaggistico di questo tratto di mare unico al mondo, bisogna tener conto anche delle straordinarie testimonianze archeologiche di tutte le epoche che il nostro mare, come uno scrigno, ancora conserva.
Tesori dall’ inestimabile valore segregati nella profondità degli abissi e portati di volta in volta alla luce dalle scoperte archeologiche come il Melquart, il Satiro Danzante, i Bronzi di Riace, … Come loro, centinaia di scoperte che hanno accresciuto sempre di più la nostra eterogenea cultura, formata dall’accavallarsi di civiltà come quella greco-ellenica, riportata alla luce dallo scultore Alberto Puccio.
Sotto una regale cromatura aurea, lo straordinario gioco di pieni e di vuoti con cui l’artista scolpisce non solo la materia-legno, ma anche lo spazio, accentuando la metamorfosi in atto nel corpo dei due Bronzi di Riace: una sintesi, un’analisi tra classico e moderno. Cosa c’è di più classico dei loro visi? Cosa c’è di più moderno della rimodellazione dei muscoli che si fondono col mare in cui sono stati imprigionati per secoli? Una ricerca della forma anatomica continuamente alterata da una prepotente plasticità che l’artista persegue in ognuno dei suoi studi, come nei Nuotatori.
L’Acquario di Roberto Masullo ci porta indietro nel tempo, trascinandoci in un fondale marino, in un clima di oasi quasi ancestrale: un mare limpido, cristallino e soprattutto pulito; un mare dove si respira un’atmosfera sacrale, spopolato completamente da ogni tipo di entità biologica; l’unico oracolo a cui è concesso di entrare in questo santuario è il Melquart, che pensoso e afflitto sembra quasi prevedere il sinistro destino a cui va incontro il suo tempio: il mare.
Il pannello in ceramica di Giovanni Fisco, pone due aspetti essenziali del nostro mare, custode della già citata archeologia marina e della presenza inscindibile della fauna marina. Due tesori da tutelare e proteggere, valorizzati al massimo dai brillanti smalti policromi usati magistralmente per campire le figure che assediano la nostra percezione ammaliata dagli accesi colori.
Sul problema “ecologia” si esprime anche Vincenzo Crapanzano, che realizzando un’opera dalla forte pregnanza materica, utilizza un linguaggio pittorico informale, scandito da veloci e ampie pennellate dove emerge lo scheletro di un pesce decomposto stagliato sulla superficie pittorica.
Con spirito avveniristico, l’installazione del maestro ceramista Eugenio Sclafani che insieme ai già citati Vincenzo Crapanzano e Roberto Masullo, rivelano il concreto problema dell’inquinamento, assemblando i loro pezzi e abbinando il loro ingegno per concepire una Sicilia isolata da tutto, facilmente riconoscibile dall’inconfondibile forma, ma satura di reperti e creature che però vengono contaminate da materia e tonalità brune.
Un disagio messo in evidenza anche in un’altra installazione dal forte carattere polemico è dell’artista Nicolò Rizzo, una composizione generata da materiali che giornalmente il mare ci porta sulle nostre rive. La presenza di quest’artista è significativa, perché ci conferma che non solo i paesi costieri come Sciacca sono sensibili al problema, ma anche paesi dell’entroterra siculo come Racalmuto, dove egli vive.
La mostra dal titolo “Nel segno del mare”, diventa un’occasione per sensibilizzare la popolazione a un problema che coinvolge tutti. In una vetrina prestigiosa come il complesso monumentale Badia Grande, diventato da qualche anno un importante centro culturale saccense e siculo, sono riuscito a raccogliere una selezione di diverse opere, diversi concetti, diverse interpretazioni che ognuno dei nostri artisti ha dato del mare.
Una serie di pezzi tanto diversi tra loro, stilisticamente e formalmente, come le diverse entità che popolano il nostro mare; quel mare che ci ha nutrito con i suoi pesci, rinfrescato durante l’estate e ammaliato con la sua bellezza senza averci mai chiesto in cambio nulla, fino ad adesso.
Se è vero che le città di mare sono le città degli artisti, allora, è per loro un importante compito sensibilizzare le moltitudini attraverso la loro arte, ora come non mai nel segno del mare!
Anthony Francesco Bentivegna
Vedi anche: Si inaugura la mostra: Nel segno del Mare, in www.teleradiosciacca.it
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