“Le azioni di un artista sono le sue opere e la sua grandezza è misurata da quanto produce”:
non esistono parole più esatte per descrivere la produzione artistica e la vita di Leonardo Fisco, artista saccense che da ben sessant’anni opera nelle arti figurative, affrontando di volta in volta l’antica sfida che l’uomo si impone.
L’Arte o meglio l’Intelletto, ha spinto sempre l’uomo (prima di essere artisti si è uomini) a emulare la concezione di creazione divina, e lo ha sempre fatto fin dall’ antichità: con l’invenzione di oggetti, marchingegni e “architetture” sempre più elaborate. E’ questa la sfida di cui parlo: uomo contro superficie. E’ sempre stato così, contro l’illusione della pittura, contro la plasticità della scultura: uno scontro lungo migliaia di anni che ha visto l’uomo sempre più impegnato a sperimentare tecniche innovative e nuove forme espressive. Tutto ciò, per avvicinarsi sempre più possibile all’idea.
Friedrich Nietzsche diceva:
“Si diventa solo ciò che si è”.
Parole che trovano riscontro nell’arte con una delle frasi più celebri di Jackson Pollock:
“Dipingere è azione di autoscoperta. Ogni buon artista dipinge ciò che è”.
E’ proprio questo che ha fatto Leonardo Fisco dall’età di diciotto anni fino ad ora. Si è auto- scoperto. Ha continuato imperterrito a produrre, finché raggiunta la maturità artistica è arrivato ad uno dei traguardi più importanti dell’arte contemporanea: ha acquisito una forza segnica propria, un “segno” ben riconoscibile, un linguaggio personale.
Dal punto di vista analitico ho riscontrato tre costanti che si trovano in tutta la sua produzione.
1) Il colore, nella sua arte, non rappresenta un mezzo per avvicinarsi alla realtà, imitando la natura (Mimèsis). Anzi, il colore nell’arte del Fisco diventa strumento di cui l’artista si serve per smuovere i sentimenti e le sensazioni degli spettatori.
E qui, bisogna fare un’attenta analisi, servendoci degli studi sulla teoria del colore, osservando l’accostamento in alcune delle sue opere più ben riuscite, come Enigma (in copertina). Osservando attentamente quest’opera, notiamo come il continuo e brutale passaggio dai toni caldi ai toni freddi confonde la nostra percezione, rendendo possibile il passaggio ad un livello superiore, non quello conscio, bensì quello inconscio e ciò emerge anche nei suoi paesaggi come Mediterraneo (pag.118).
Fisco è riuscito a dare una dimensione tutta nuova, è riuscito ad entrare in una pittura dove c’è l’anima, la sua stessa anima, trasformando il colore nel medium espressivo dei suoi sentimenti. Tutto ciò è possibile dall’ottimo recepimento dell’espressionismo astratto e della pittura espressionista tedesca. Una pittura prettamente d’azione, selvaggia, animata proprio dagli stessi bruschi passaggi cromatici che scuotono gli animi invece di quietarli.
2) La pennellata diventa un altro mezzo di cui l’artista si serve per trasmettere emozioni e stati d’animo. Con essa, Leonardo Fisco raggiunge un gran traguardo, acquisisce una forza segnica propria che di volta in volta riesce ad imprimere in ogni sua opera.
E ancora qui, il segno raggiunge la stessa importanza del colore, perché grazie alla sua violenza, ancora una volta smuove gli animi invece di quietarli.
3) Non bisogna neanche tralasciare le espressioni che Fisco imprime nei volti dei suoi personaggi e nei ritratti: volti seriosi di matrice sicula, dove i protagonisti fissano imperterriti lo spettatore, scrutando all’interno della sua anima.
Questo libro lo definirei un diario, anzi, un estratto del diario dove Leonardo Fisco volta per volta ha riportato i progressi del suo lungo viaggio artistico. Il viaggio comincia dall’autoritratto del 1956 (pag.5) e dal nudo del 1959 (pag.13), dove l’artista manifesta una deliziosa e delicata maniera nell’impercettibile sfumato.
Man mano, lo vediamo allontanarsi sempre di più dal punto iniziale: merito degli influssi dei grandi maestri del passato e contemporanei e dagli studi portati avanti, attraverso sperimentazioni sia tecniche che formali, tutto perfettamente assunto e filtrato.
L’addestramento formale del Fisco non si ferma solo all’accademismo. Superando il periodo di formazione, l’artista ha i primi colloqui con l’astratto, e proprio questo rapporto lo spingerà a riabbracciare il figurativo in chiave prettamente nordica.
E’ interessante questo aspetto della produzione di Leonardo Fisco, anzi insolito: a ritroso, si ritrova al figurato dopo l’astratto.
Per concludere: non sono le belle parole, le frasi altisonanti o il concetto sviluppato da un critico a dimostrare il lungo operato di Fisco, ma le sue creazioni.
Solo tramite esse, in maniera chiara e oggettiva, possiamo realmente comprendere la crescita artistica di Fisco e la frase: “Le azioni di un artista sono le sue opere” …
Solo davanti alla genuina esperienza diretta della fruizione, nell’osservare la fluidità del colore a olio e delle vernici, la gestualità del segno e la violenta e sicura pennellata, si può davvero entrare senza filtri nell’universo artistico di Leonardo Fisco Pittore.
Anthony Francesco Bentivegna
Pubblicato in: "Il Fatto Popolare - settimanale di fatti locali e nazionali", Numero 202 del 30/09/2016 Anno V - 2015, pp. 13-14
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