La “Madonna del Soccorso” di Alberto Puccio, è una scultura lignea. Rappresenta il momento più alto della devozione dell’artista saccense a Maria, patrona della città, omaggiandola con una reinterpretazione,avvicinandosi stilisticamente alla scultura romanica. E’ un’opera composita dalla forma romboidale, formata da tre parti.
Lo scultore vuol rappresentare un momento fondamentale della tradizione saccense: ogni anno il 2 Febbraio, l’intera città onora la sua patrona che liberò Sciacca dalla peste nel lontano 1626, portandola in processione.
In quest’opera, Puccio esprime la devozione, lo spasmo, la calca di marinai scalzi che sorreggono tra la folla di devoti, la statua della Madonna. Nella prima parte (partendo dal basso), l’artista sviluppa l’immagine seguendo una forma trapezoidale, la cui base d’appoggio è il lato minore.
Le figure emergono fuori dal blocco geometrico, grazie alla composizione dei loro corpi, realizzati come un collage di elementi plastici intagliati, sovrapposti e assemblati. Questi elementi compositivi, che insieme formano un’unità, sono materiali poveri: scarti e pezzami di legno che, dopo essere trattati e dipinti, acquistano dignità artistica.
Le figure dei marinai, portatori del simulacro, sono ancora una volta scaturiti dalla personale interpretazione con cui l’artista tratta le parti del corpo, egli li ripete decine e decine di volte.
L’ardore e il travaglio fisico del peso non indifferente della “vara”, viene espresso dall’artista attraverso l’ammasso di figure poggiate l’uno alla schiena dell’altro: soffrono, urlano, sudano, ma in quel momento i loro cuori battono all’unisono, diventano un’unità. Non sono più dei semplici pezzi di legno, ma si tramutano in quei marinai che due volte l’anno portano sulle spalle la loro protettrice (2 Febbraio- 15 Agosto).
Nella seconda parte, anche in forma trapezoidale (come la base) affusolata verso l’alto, “la vara”, crea un’originale effetto prospettico. Al culmine del trapezio mediale, troviamo “il cappellone” (la parte superiore della scultura) di ispirazione barocca, dove possiamo notare l’abilità del Puccio intagliatore che, munito di sgorbie e mazzuolo, ci presenta un lavoro di alta manifattura. Nella terza parte, la Madonna è realizzata con tavole sovrapposte e armoniosamente scolpite. Sorregge sul braccio sinistro il bambin Gesù con la mano destra benedice e con la mano sinistra, stringe una sfera: il globo terrestre simbolo della potenza di Dio sul creato, ma anche un’allusione al frutto dell’albero del bene e del male. “E’ evidente in tale gesto la soggiacente teologia del peccato originale. Come il peccato originale venne perché Eva diede il frutto ad Adamo, così nella Redenzione il nuovo Adamo (Gesù), dà il frutto a Maria nuova Eva e la rende come Eva prima del peccato, immacolata, senza nessuna colpa né originale, né attuale”.
Quanto alla Signora della città, essa è adornata da vari monili ; “ la manta “ che poggia sul suo capo e scende dolcemente sulla sua schiena fino a toccare terra ( proprio come vuole l’iconografia bizantina della “Madonna Odigitria”); lo scettro, simbolo di regalità, da considerarsi anche come mazza che la Patrona usò per cacciare il demonio ; la corona , è un ulteriore simbolo di sovranità sulla città termale ; le figure degli angeli ai suoi piedi rappresentano le anime che essa ha salvato nelle sue varie comparizioni ; il cinturone che cinge i suoi sottili fianchi è il memento di un lontano miracolo ad una devota paralitica; infine le chiavi della città (legate allo stesso cinturone), sono un ulteriore simbolo di padronanza sulla città. Oltre ad essere un’opera con una dimensione non indifferente, essa prende possesso della nostra percezione anche per merito della doratura applicata dallo scultore, che serve a riflettere la luce dell’atmosfera.
Lo spasmo dei marinai e la dolce visione dell’artista, che reinterpreta la patrona di Sciacca, suscita al visitatore credente commozione e devozione, tanto da spingerlo a baciarla, o rivolgerle una preghiera, o farsi il segno della croce.
L’opera è stata donata alla città di Sciacca.
Anthony Francesco Bentivegna
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