È un fresco mattino d’autunno. Dalla suggestiva veduta della sua abitazione in contrada Sant’Antonio (Sciacca), il pittore Leonardo Fisco ispirato dalla forza della natura manifestata dal mare impetuoso e dal vento che piega i rami degli alberi spogliandoli dalle avvizzite foglie, decide di cogliere l’attimo fuggente immortalandolo in due diversi paesaggi: uno rivolto al mare e l’altro rivolto verso la montagna. Tra una pennellata e l’altra riflette sulle differenti sensazioni che avverte nella stesura delle due tele, interrogandosi sul rapporto che intercorre tra l’uomo e l’ambiente circostante. Non è mutata solo la tavolozza dei colori, ma il suo stesso modo di dipingere: nel paesaggio marino delinea i volumi composti da brevi pennellate di colore; mentre nel paesaggio collinare è il colore libero dalla forma a delineare le masse ambientali.
In questo stesso momento nasce in Fisco la volontà di evadere dal suo territorio, di cimentarsi con scenari diversi da quelli abituali, di approfondire le sensazioni mutevoli da un paesaggio all’altro, da un ambiente ad un altro, cercando un riscontro nell’effetto finale dei dipinti. Forse i freddi paesaggi nordici, carichi di tragicità e di mistero, avrebbero consentito al pittore una maggiore comprensione del paesaggio e della sua pittura? Decidendo di partire, raccoglie pennelli, colori e tele, fa le valigie e ordina il primo volo per Stoccarda (Germania).
Lasciatosi alle spalle la città di Sciacca, il suo sguardo viene catturato da alcune case rurali che sembrano tanti volumi geometrici emergenti dal verde dell’erba e le immortala in una elementarità formale e con rudezza. Ancora qui il pittore si sente legato alla forma, al rigoroso perimetro nero che contorna e separa i vari colori.
Prima di dirigersi verso l’aeroporto di Palermo, decide di fare una breve sosta ad Agrigento per dipingere le rovine dei templi agrigentini. Forse il confronto con l’architettura del passato gli avrebbe dato le giuste indicazioni? Nota che i colori adoperati non hanno alterato la realtà: è la forma ad aver subito grandi modifiche. Osservando le rovine nelle diverse ore del giorno nota come il segno si infittisce sempre di più, pur mantenendo una funzione di contenitore del colore.
Sull’aereo guardando fuori dal finestrino pensa:
«Che cos’è la Terra se non la sorgente di ogni paesaggio dipinto? È un grande quadro esteso migliaia di chilometri che non presenta margini dati dal supporto ospitante, un’opera per nulla statica e stabile, un quadro mutevole nel tempo e nello spazio».
Atterrato a Stoccarda e dirigendosi verso il centro della città con un auto a noleggio, si imbatte in un manifesto che pubblicizza la riserva naturale di Schönbuch, un’area boscosa a sud-ovest della città. Arrivato in quell’estesa zona comincia a dipingere uno scorcio infuocato da un tramonto in cui imperano alberi dalle struttura longilinea e austera. Sul finire della realizzazione si accorge che il suo modo di dipingere muta: pur mantenendo saldo quella circoscrizione della forma, il colore comincia ad amalgamarsi tra una pennellata e l’altra con il segno duro e spesso, diventando un tutt’uno.
Lo stato di solitudine al cospetto di questo suggestivo paesaggio fa emergere nella mente del pittore la poetica dello Sturm und Drang (tempesta e assalto): la natura vista come luogo utopico e perfetto in cui l’uomo solitario ritrova l’armonia con se stesso e con il creato. In tale paesaggio, Fisco scopre la spiritualità intrisa di paure e di incertezze, un rapporto all’antitesi della società civilizzata che allontana l’uomo dal suo stato naturale.
Dirigendosi verso il centro abitato decide di visitare la chiesa evangelista protestante di Gutenbergstraße. L’impianto della chiesa si erge davanti ad un lago. Eretta nella seconda metà dell’Ottocento, rispecchia perfettamente l’assetto architettonico neogotico. Il pittore cimentandosi con tale veduta ha l’impressione di essere una formica al cospetto di un colosso, e ricordando il commento di Goethe sulla Cattedrale di Strasburgo nota come realmente questo tipo di architettura, oltre che a definire bene il carattere dei tedeschi, rappresenta la loro spiritualità: un rapporto di accondiscendenza e di timore verso un dio avverso, tanto caro alla poetica del Sublime. Nella trama pittorica di Fisco la forma persiste imperiosa e si insinua all’interno del colore, intricandosi tra le cavità dell’ingarbugliato complesso gotico. La colorazione acida e viscosa riacquista la lucentezza e il colore della sua terra, la Sicilia. La pittura istintiva, impulsiva, senza nessun appiglio alla realtà, senza regole, esprime meglio la tempesta emotiva del suo segno pittorico.
Tornato in Sicilia, prima di rientrare a Sciacca, sposta la sua attenzione sui Monti Sicani ritraendoli in un tramonto rosso fuoco che si rispecchia nelle masse geologiche senza che sia percepito, però, l’ardore, il carattere ancestrale di un paesaggio che prova la forza di una divinità funesta.
In Eruzione (2001), invece, l’ardore e il carattere ancestrale della natura, manifestazione di un dio avverso all’uomo, viene incanalato nell’eruzione vulcanica che oscura e occulta il cielo di lava, fumo e cenere.
Rientrato a Sciacca il suo ardore si placa, la sua pittura acquista una dimensione metafisica dai toni addolciti e sommessi come in un vecchio ricordo, e accarezzando la tela con toni pastello la ricopre di solidi geometrici sovrapposti. Egli comprende la motivazione e la differenza tra i paesaggi finora realizzati: nei paesaggi incontaminati trova un maggior stimolo visivo che lo induce ad aggredire la tela servendosi di una maniera più libera e materica; mentre nei paesaggi dei suoi ricordi di bambino (con case urbane o campestri) si sente al sicuro nei concisi contorni, come in un confortevole rifugio.
Lungo la passeggiata delle Terme si ferma per ammirare il mare e tirando fuori i pennelli realizza un altro lavoro: la veduta che comprende Rocca Regina e Coda della Volpe. In corso d’opera, il tempo cambia e muta l’immagine ritratta il momento prima: il vento si è fatto più forte e la corrente ha agitato le onde. Rivede ancora una volta, in quel mare in burrasca, l’angoscia esistenziale dell’uomo di fronte ad una natura arcana. La frenesia del momento lo azzarda a tentare di ergersi a dio o semidio: con sciabolate di colore scuote le onde del mare, quasi fosse Poseidone in persona, influenzando gli animi degli astanti agitandoli e smuovendoli da dentro.
Il territorio con le sue forme e i suoi colori ha condizionato il linguaggio di Leonardo Fisco?
Forse il mutamento documentato non è mai avvenuto attraverso un viaggio. Ma quale modo migliore per narrare il personale percorso di un pittore se non proprio con un viaggio?
Anthony Francesco Bentivegna
Pubblicato in:"Il Fatto Popolare - settimanale di fatti locali e nazionali", Numero 284 del 14/09/2018, Anno VII - 2018
Vedi anche: Servizio "Sturm und Drang. Il viaggio di Leonardo Fisco", RMK TV; Servizio "Sturm und Drang. Il viaggio di Leonardo Fisco", Tele Radio Sciacca; Servizio"Sturm und Drang. Il viaggio di Leonardo Fisco" (2), RMK TV; Servizio "Sturm und Drang. Il viaggio di Leonardo Fisco" Tele Radio Sciacca (2); Servizio "Sturm und Drang. Il viaggio di Leonardo Fisco" Risoluto.it; SFF11 - 1^ Giornata, Letterando In Fest (Pagina Facebook)
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