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Emanuele Navarro Della Miraglia: Un Viaggiatore tra le Correnti Artistiche dell’Ottocento.

Immagine del redattore: Anthony Francesco BentivegnaAnthony Francesco Bentivegna

Il fervore culturale ottocentesco, vede diversi autori avventurarsi nelle più belle e vivaci capitali del mondo per accrescere la propria cultura e per osservare da vicino i quadri e le sculture riprodotte nelle preziose incisioni all’interno dei libri.

 

Tra questi curiosi e intrepidi giovani fa parte Emanuele Navarro Della Miraglia (Sambuca di Sicilia 1838 – 1909). Tra le varie tappe che questo viaggiatore fa nel suo cammino, troviamo Napoli, Firenze e Parigi. Queste avventure fuori porta, per gli intellettuali dell’epoca, sono delle vere e proprie occasioni per conoscere scrittori, pittori, attori e politici.

 

Quali sono le motivazioni che spingono Navarro Della Miraglia a recarsi nel 1864 in Francia?

 

All’esponente del Realismo, preme confrontarsi con la situazione letteraria e artistica parigina animata dal Naturalismo, dal “Realismo figurativo” e dalle esperienze impressioniste (tra gli anni 1860-1870). Navarro è sinceramente interessato a questa lotta contro i temi aulici.

 

Il più importante documento del pernottamento parigino di Navarro Della Miraglia è senza dubbio Macchiette parigine (La Vita Felice, 2007), una serie di ritratti di diversi personaggi che l’autore incontra e conosce nei salotti culturali parigini.

 

Nella schiera di nomi trattati da Navarro, emergono quelli di due artisti: Jean-Baptiste Carpeaux (Valenciennes 1827 – Courbevoie1875) e di Gustave Courbet (Ornans 1819 – La Tour-de-Peilz 1877), massimo esponente del Realismo pittorico. Egli comprende che la pittura deve rappresentare la realtà oggettuale.

 

Navarro ha ben chiari i valori del Realismo e nota spesso nota come in Courbet questi vengano meno.

 

In Macchiette parigine, ad esempio, evidenzia ciò che c’è di sbagliato nelle esecuzioni del pittore francese accusandolo di fare socialismo nella sua pittura: rappresenta il reale senza degnarsi di apportare un filtro a ciò che è pesante, frivolo e mondano.

 

Per Navarro, l’arte deve essere aliena da pretesti politici e sociali: la pittura per la pittura. Persino nell'autoritratto del pittore presente sul libro di Navarro è visto dall'autore come qualcosa di osceno in quanto non corrisponde al suo ideale realista (semplicità e umiltà nella rappresentazione).

 

Navarro contesta anche le eccessive ombre che usa Courbet (che sicuramente eredita dalla contemplazione a Caravaggio).

“[…] L'avete mai visto? È una specie d'Ercole floscio. È tutto pancia, tutto linfa, tutto grasso. Certe volte, egli dura molta fatica a portare sé stesso. I suoi muscoli sono corazzati di lardo; i suoi nervi si abbiosciano, perduti nelle acquosità del corpo […] Il viso ha un pallore malaticcio, un'aria di stanchezza e di abbattimento, una specie di sonnolenza simile a quella di certi pascià turchi e di certi bonzi indiani […] Si veste male; ha spesso delle macchie nell'abito, e sembra quasi che le voglia mostrare con ostentazione. Cammina dondolandosi goffamente […]”[1].

Quello di Navarro è un realismo selettivo, pulito da tutto ciò che è “barocco”: drappeggi opulenti e sontuosi, rotoli di grasso sulla pelle, acconciature, gioielli e abbigliamenti voluminosi.

Quello di Courbet è invece un realismo generalizzato.

Navarro vede nella pittura di Courbet il pretesto per trattare elementi materialistici e miseri che allontanano dalla bellezza e dal concetto di “art pour art”.

 

Perché durante le esposizioni nei Saloon parigini, Courbet desta tanto scalpore?

Caratteristica della sua produzione è quella di contestare, denunciare, provocare, protestare il ceto nobile, rappresentando tutto ciò che si cela dietro la ricca borghesia, rappresentandola in tutta la sua dissolutezza.

Emanuele Navarro Della Miraglia rimane in Francia fino al 1872, questo gli permette di tessere rapporti anche con gli impressionisti francesi, come Edgard Degas (Parigi 1834 – 1917), Paul Cezanne (Aix-en-Provence 1839 – 1906), Henri Toulouse-Lautrec (Albi 1864 – Saint-Andrè-du-Bois 1901), Èdouard Manet (Parigi 1832 – 1883), Alfred Sisley (Parigi 1839 – Moret-sur-Loing 1899), Pierre Auguste Renoir (Limoges 1841 – Cagnes-sur-Mer 1919) e Camille Pisarro (Charlotte Amelia 1830 – Parigi 1903), come è riportato nel commento introduttivo di Enzo Randazzo in La Nana (Selino’s, 2009) ma anche qui c’è da chiedersi qual è il parere di Navarro sulle esecuzione degli impressionisti, soprattutto prendendo in esame le scene procaci e politicamente scorrette di Èdouard Manet ne La Colazione sull’erba (1863) e nell’ Olimpya (1863) o nelle classiche scene Bohèmien di Edgard Degas come L’Assensio (1875-76).

 

Cosa apprende la scrittura navarriana dall’impressionismo?

Esistono delle correlazioni tra Navarro e gli impressionisti?

 

Obiettivo principale dell’Impressionismo è quello di imprimere sul supporto la soggettiva e personale impressione scaturita alla vista di un soggetto (paesaggio, individuo, oggetto).

 

Navarro della Miraglia non può sottrarsi a questo nuovo approccio alla realtà.

 

Durante la sua formazione letteraria in Francia Navarro amplifica la sua percezione del sensibile e questo si manifesta in descrizioni farcite, dettagliate, mai oggettive.

Sembra quasi che il Navarro, nel descrivere, si immedesimi personalmente nel soggetto, imprimendone spesso un ricordo, una rimembranza, un’immagine.

 

Di questo approccio “impressionista” ne è testimone “La Conca d’Oro”, in Storielle Siciliane (Selino’s 2010) in cui troviamo l’etimologia, la storia, paragoni (le montagne, poco elevate, ricordano l’Africa), sinestesie, sensazioni personali e aneddoti (riferimento a S. Rosalia) riguardanti il soggetto.

 

C’è di tutto nella scrittura di Navarro. Non tralascia nessun tipo di strumento linguistico per dare al lettore la possibilità di diventare in quel momento sia lo scrittore che l’osservatore di un paesaggio.

Questa continua “contaminazione” nel discorso mi ricorda ancora l’uso del colore degli impressionisti, un colore anch’esso “contaminato” sia dalla luce che da tutto ciò che c’è intorno. Anche gli impressionisti si sono serviti di strumenti linguistici, stavolta, visivi, come il colore e il segno per attuare il processo di immedesimazione rivolto ai fruitori dei loro lavori. 

 

Un esempio di questa esperienza sensoriale lo troviamo in molti quadri di quel periodo, come ad esempio in Impression Soleil levant (1872).

 

Nella tela Monet fissa, attraverso segno e colore, la sensazione che il sorgere del sole gli comunica in quel momento, ma come ne “La Conca d’Oro” di Navarro non siamo al cospetto di una descrizione oggettiva, perché anche qui il pittore la anima di atmosfera (nebbia e fumo), di personaggi (uomo che conduce una barca a remi) e nello sfondo racconta dell’intromissione industriale (silhouette di bracci meccanici).

 

Non si tratta di descrizione quindi, ma di un’esperienza più complessa e completa; una pittura en plain air non immortala una singola impressione, ma una serie di suggestioni avvenute in tutto il tempo dell’esecuzione del dipinto.

 

Navarro apprezza l’approccio cognitivo-scientifico che hanno i pittori impressionisti nei confronti della natura, descrivendola con innumerevoli virgolettature multi-cromatiche, soggetti e scenari. Anche la sinestesia associa gli impressionisti a Navarro: nei primi sviluppata tramite il colore e nei secondi tramite la scrittura.

 

Sono diverse le opere di Navarro della Miraglia che hanno lo stesso carattere temporale (passato e presente) e interdisciplinare (geologia, archeologia…), ma ciò che suscita principalmente attenzione è l’elasticità stilistica di quest’autore che si trova in un tempo in cui percepisce gli influssi del Naturalismo, dell’Impressionismo, che adotta per rendere alcune sue opere immedesimabili non solo da un punto di vista spaziale e temporale, ma pure sensoriale e ciò fa di lui non uno scrittore impressionista, bensì uno scrittore che si serve di elementi impressionistici per animare le sue storie.

 

Prima di tornare in Sicilia, Navarro si trasferisce a Milano e in seguito a Firenze. È ragionevole pensare che lo scrittore sambucese nel passaggio da Firenze ha modo di intraprendere delle discussioni con i Macchiaioli.

 

Il movimento dei Macchiaioli è stato una significativa avanguardia dell’Ottocento. Gli autori, opponendosi all’accademismo, sia sul piano formale che sul piano tematico, si sforzarono di rappresentare il mondo in chiave realista. Il termine, alquanto dispregiativo, venne coniato nel 1862 per indicare un gruppo di pittori dalle idee liberali che si ritrovavano abitualmente nella saletta del Caffè Michelangelo di Firenze.

È stata l’unica vera arte che, usando le parole di Antonio Gramsci, può definirsi “nazional-popolare”.

Alcuni dei maggiori esponenti sono Giovanni Fattori (Livorno 1825 - Firenze 1908), Silvestro Lega (Modigliana 1826 - Firenze 1895) e Telemaco Signorini (Firenze 1835 - 1901).

Gli artisti Macchiaioli volgono la loro attenzione ai paesaggi rurali della campagna toscana, abitati da contadini intenti a lavorare i campi oppure nei momenti di riposo; ebbero il coraggio di volgere il loro sguardo verso le modeste e dimenticate periferie. Anche se la tecnica apparentemente non lo permette, i ritratti Macchiaioli sono molto gradevoli e apprezzati, i personaggi ritratti sono di diversa estrazione sociale.

Le corrispondenze tra la penna di Navarro ed il pennello dei Macchiaioli è acclarata da diversi fattori:

 

I Macchiaioli, come gli impressionisti ed i naturalisti francesi, voltano le spalle all’accademismo e agli schemi formali aulici del periodo romantico.

 

L’arte di inizio Ottocento si rivolge al passato e alla grande pittura dei maestri cinquecenteschi e seicenteschi; si rappresentano epoche lontane o grandi scene che raccontano le glorie storiche e militari dell’Italia, come nella pittura di storia con continue contaminazioni mitologiche.

Diventando iconoclasti, i Macchiaioli non rappresentano più l’eroe, la vittoria; ritenendo che ci fosse maggior patriottismo nella rappresentazione della condizione dell’uomo italiano nella sua schietta quotidianità: una pittura apparentemente di genere, dai toni umili e anti celebrativi.

 

L’attenzione si sposta verso le realtà rurali popolate da contadini che lavorano i campi, come in Bovi al carro (1867) di Giovanni Fattori (Livorno 1825 – Firenze 1908) o la gente umile per le strade come in Chiacchere e riomaggiare (1893) di Telemaco Signorini (Firenze 1835 – Firenze 1901).

 

Tale proposito, trova sicuramente riscontro e approvazione in Navarro Della Miraglia.

 

Anche Navarro trova che la letteratura d'avanguardia, come l’arte, deve superare le tematiche storiche eccedute nella pittura Neoclassica di qualche decennio prima.

 

I Macchiaioli, come i cugini impressionisti, abbandonano il disegno; a costruire la figura vi è soltanto il colore sovrapposto in macchie eterocromatiche (da qui il nome Macchiaioli) per simulare la percussione della luce sugli oggetti.

Il colore che viene steso sovrapponendo macchie su macchie con brevi pennellate, inviando i colori direttamente alla retina dell’osservatore, dove vengono mescolati.

 

L’allontanamento del disegno, evidenzia quanto l’arte dei Macchiaioli è, a quel tempo, un'arte antiborghese in quanto il disegnare è parte dell’educazione e del sapere dei ricchi gentiluomini. Il rifiuto del disegno è, per i Macchiaioli, una scelta forte, considerando quanto la tradizione fiorentina di Masaccio (Castel San Giovanni in Altura 1401 - Roma 1428), Leonardo (Anchiano 1452 - Amboise 1519) e Michelangelo (Caprese 1475 - Roma 1564) è pregnante in quell’ambiente.

 

Altro elemento che accomuna i Macchiaioli alla poetica di Navarro è la figura femminile, rappresentata nelle sue più svariate sfaccettature: come madre o come contadina, conservando sempre quella semplicità, quella risolutezza e quell'indipendenza per certi versi, con cui Navarro ama fregiare Rosaria Passalacqua, detta La Nana, durante la stesura del suo racconto.

 

In conclusione, l'opera di Emanuele Navarro Della Miraglia rappresenta un ponte tra diverse correnti artistiche e letterarie del suo tempo, incarnando i valori del Realismo, pur arricchendosi delle influenze dell'Impressionismo e delle innovazioni dei Macchiaioli.

 

La sua curiosità lo porta a sviluppare una scrittura che riflette la complessità e la vitalità della realtà osservata.

 

Non solo partecipa al fervore culturale del suo tempo, ma contribuisce a un dialogo transnazionale e interdisciplinare, unendo le tecniche e le sensibilità di diverse scuole, per creare un'opera letteraria che è tanto innovativa quanto radicata nella realtà sensibile.

 

Questa capacità di integrare vari elementi stilistici e tematici rende Navarro un autore sfaccettato e poliedrico, di cui la propria scrittura contribuisce significativamente all'evoluzione della letteratura realista, attestando una continua ricerca di autenticità e profondità espressiva.

 


NOTE

 

[1] E. Navarro della Miraglia, Macchiette parigine, Milano, G. Brigola, 1881, pp. 142-143.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

E. Navarro della Miraglia, Macchiette parigine, Milano, La Vita Felice, 2007

E. Navarro della Miraglia,  La Nana, Palermo, Selinos, 2009

E. Navarro della Miraglia, Storielle Siciliane, Palermo, Selino’s, 2010

 
 
 

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