"Può un elemento intangibile essere trasmesso di generazione in generazione?
Può un periodo o un evento scatenare in noi traumi talmente forti da rimanere impressi nel nostro DNA?
Possono emozioni come il dolore o la paura essere trasmesse di padre in figlio come il colore dei capelli o il taglio degli occhi?
Un’eredità sgradita, scomoda, di cui ognuno farebbe volentieri a meno.
Desiderio di voler distorcere la propria storia, la propria identità, la propria genealogia.
Un fardello pesante, ma allo stesso tempo materia insostituibile per il proprio essere.
Rinunciare a un ponte metastorico e metacomunicativo con i propri avi".
Esiste nell’uomo una volontà primordiale e latente (conscia e inconscia) di creare collegamenti, congiunzioni e legami con i propri simili, con luoghi e oggetti, richiamando e riplasmando parti del messaggio lasciato da qualcun altro: dallo scambio di lettere e di oggetti iconici, alla costruzione di un continuum di connessioni attraverso chat e foto geolocalizzabili.
Lo spirito del nostro tempo (Zeitgeist) è spudoratamente strutturato sulla volontà d’instaurare continue trasmissioni: dai forum su internet all’avvento dei social, fino a diventare sempre più effimero, sempre più fugace, sempre più passeggero. Lo stesso istinto che induce un animale a segnare, al suo passaggio, il territorio.
Non sarebbe errato, infatti, definire l’uomo un “animale trasmissore”, ricercatore di legami.
Nell’arte, come nella scienza, si percepiscono continuamente trasmissioni/connessioni: dal proseguire la ricerca dl un predecessore, a far proprio un elemento semantico o linguistico appreso dal proprio maestro (trasmissioni tangibili), a portare avanti un contenuto (messaggio) analogo a quello di un altro (trasmissioni intangibili), creando, di conseguenza, legami tra autori di due periodi diversi.
Flavio Tiberti, nei suoi lavori, analizza il modo in cui l’uomo si rapporta con sé stesso, i suoi simili e il tempo.
In Trans-parent si assiste alla trasmissione di un trauma ereditario: un dolore trasmesso di padre in figlia. Il nostro essere, quindi, è il risultato di “passato” + “presente”, proprio come due colori primari formano un secondario.
Eventi, episodi, momenti di rabbia o di gioia dell’altro diventano nostri. In Enchantment, assistiamo, infatti, alla simbiosi tra due anime (negativi) legate in un’unica vena.
Ma anche trasmissioni/connessioni con uno o più individui di emisferi opposti, ma isolati dal mondo concreto: un’illusione che li fa sentire dei perenni pesci fuor d’acqua (Fish out the water), desiderosi di un’Atlantide che non gli è mai appartenuta.
Nell’installazione Arbeit macht frei, Tiberti tenta di indagare sulle dinamiche del rapporto tra uomo e oggetto: un percorso che conduce a fotografie abbandonate e racchiuse in un album di ricordi dimenticati. Qual è la connessione tra noi e loro? Non sono nostri parenti, né nostri amici o nemici. Una sola cosa ci lega…
Trasmissioni come strade, arterie che si intersecano e collegano due punti opposti.
È in Corde tese e passiche Franco Accursio Gulino concentra la sua ricerca più recente: ponti essenzializzati al loro minimo comune denominatore; punti che collegano mondi con sottili linee neurali e sinaptiche; segni grafici in bilico come il destino di chi li percorre per passare da un continente all’altro, con la speranza di allacciare nuove connessioni spesso negate.
Le trasmissioni hanno un potere talmente grande da superare generazioni, acquisiscono la valenza di un’interconnessione metastorica tra persone, luoghi e oggetti.
Bisogna, dunque, riflettere sul contenuto veicolato dalle nostre trasmissioni. Qual è il messaggio che vogliamo trasmettere ai nostri successori?
Odio, violenza, persecuzione, discriminazione?
Proprio su questo dramma si esprime Franco Accursio Gulino con Sereno, versi che capovolgono letteralmente il peso della bilancia, facendo diventare i carnefici protagonisti di un dramma che pensano non gli appartenga. Una denuncia rivolta non solo all’indifferenza del presente, ma anche agli orrori del passato.
“Un figlio non tuo. Per questo Sereno…”.
Ieri, i campi di concentramento! Oggi, i centri di detenzione o morte in mare aperto!
Dai mercanti di vite umane, ai soldati che conducono gli ebrei nelle stanze dove gas chimici rappresentano la loro ultima doccia: una morte senza gloria fondata sull’inganno.
Una trasmissione/alterazione di significato/significante che modifica l’iconologia: da segno di vita, a segno di morte. Come se, da un giorno all’altro, il rosso del semaforo indicasse che la via è libera.
Dunque, ecco l’intento di Franco Accursio Gulino e Flavio Tiberti. Un coincidente intento di comunicare un messaggio sottopelle, intrinseco, sottile e non di facile immediatezza. Un messaggio che per essere decodificato necessita di ulteriori trasmissioni, confronti e ragionamenti.
Scambio d’idee che creano scorciatoie, intuizioni, teletrasporti ipertestuali, con l’obiettivo di raggiungere determinati concetti anche da strade secondarie, anche contro-tesi e variazioni interpretative che rendono l’opera non rigorosamente classificabile, ma ambigua e misteriosa.
Un messaggio che non si ferma al mero ricordo di un tragico evento, ma come una catena di Sant’Antonio, porta avanti una rete di connessioni, un filo conduttore che passa da uomo a uomo: sentirsi parte di un unico organismo formato da singole parti che comportano il benessere e l’equilibrio complessivo dell’intero sistema.
Anthony Francesco Bentivegna
Vedi anche:
Opmerkingen