Impronte e sfuggevoli frammenti emergono senza preavviso nella nostra mente.
Intimi momenti colmi di nostalgia ormai irripetibili.
Traumatici eventi come spettri scaricano sul nostro petto il fardello della loro fatica.
I ricordi diventano spesso oggetto di condivisione, un modo per esorcizzare i fantasmi del passato e donare, allo stesso tempo, una parte intangibile della propria esperienza, della propria essenza, del proprio essere.
È significativo come dinamiche sintattico-narrative e cognitivo-espressive si incontrano spontaneamente con la volontà di proiettare il proprio pensiero in bicromia, creando in questo modo una finestra sulla sensibilità e sulla percezione dell’autore di uno scatto o di una tela.
Esprimere in bianco e nero diventa vitale necessità:
- di purificare l’immagine donandogli un significato intrinseco colmo di valori misteriosi ed eloquenti come uno sguardo animato da mille significati o da pensieri invisibili celati tra una riga e un’altra;
- di arrivare ad un linguaggio formato da presenza e assenza di luce, fatto di vuoti e di pieni, di geometrie spigolose e rotonde;
- di provocare una sospensione spazio-temporale in cui emergono entità impresse nell’atto di affermare la propria ragione nel micro e nel macro mondo.
Rappresentare in bianco e nero è come scolpire la superficie del reale in profondità fino a rivelare solo gli aspetti più salienti, densi e schietti della fitta trama sensoriale del ricordo.
Anthony Francesco Bentivegna
Storico dell’Arte
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